giovedì 14 novembre 2013

L'imperfetto convenzionale, alias antigiudaico

Don Alberto Maggi scrive spesso cose interessanti, ma cade anche lui in un difetto comune a molti teologi cattolici: l'abuso dell'imperfetto.

Parlando del racconto che il Vangelo secondo Luca fa della vicenda di Zaccaria ed Elisabetta, genitori di Giovanni Battista, commenta il passo "... ed osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore” [Luca 1:6, Traduzione CEI] in questo modo:
Rispettavano non solo le leggi, i comandamenti, i precetti, ma anche quelle 613 prescrizioni che costellavano tutta la giornata e la vita dell’individuo: da quando uno si alzava a quando uno andava a dormire.
La frase "quelle 613 prescrizioni che costellavano ..." è un doppio anacronismo.

Anacronismo da una parte perché gli ebrei continuano a classificare i comandamenti divini in 613 precetti, quindi il tempo imperfetto ("costellavano"), che indica un'azione durata a lungo ma ora conclusa, non è grammaticalmente corretto - gli ebrei esistono ancora e, testimone San Paolo, vivranno fino alla fine dei tempi.

Ma anacronismo lo è anche per un altro motivo: 613 è un numero perfetto di cui si sono date diverse interpretazioni - secondo la più antica, la gematria della parola "Torah" è 611, ed aggiungendo le prime due parole del Decalogo, comunicate direttamente da Dio ad Israele, senza la mediazione di Mosé come invece le altre otto, si arriva a 613.

La prima attestazione del numero 613 applicato ai precetti si trova nel Talmud, Makkot, 23b, che l'attribuisce a rav Simlai, vissuto in Eretz Yisrael/Filastin nel 3° Secolo Dopo Cristo, e che polemizzò con Origene (184/185-253/254) sulla Trinità. Non c'è prova che questo numero fosse stato già calcolato all'epoca di Gesù, anzi, di Zaccaria ed Elisabetta.

Inoltre, cosa curiosa è che, fino all'epoca di Maimonide (1135-1204), ogni elenco dei precetti ne elencava sì 613, ma ogni autore aveva la sua lista personale (la prima del genere è stata quella di Saadia Gaon [882/892 - 942]).

Fu Maimonide a standardizzare la lista con la propria autorevolezza (ma non convinse tutti - come ad esempio Nachmanide [1194-1270]), ed a dare la più bella delle interpretazioni: 613 è la somma di 365 precetti negativi (uno per ogni giorno dell'anno solare) e 248 precetti positivi (uno per ogni osso ed organo del corpo, secondo la medicina rabbinica).

Quindi dire che Zaccaria ed Elisabetta osservavano "quelle 613 prescrizioni" mi pare temerario: non sappiamo se il numero 613 fosse già stato calcolato, ed a quale lista di precetti eventualmente corrispondesse. Semmai, il Vangelo di Luca testimonia che il processo di "liofilizzazione" della religione ebraica in una lista di "mitzwot = precetti" era già in corso quando venne scritto.

Però questo anacronismo è significativo perché mostra un atteggiamento comune tra i cattolici: l'ebraismo non ha dimensione storica.

O viene presentato come un'esperienza già conclusa (anacronismo del primo tipo), oppure come un'entelechia, in cui non ha importanza accertare quando e perché ha assunto una certa caratteristica (anacronismo del secondo tipo), perché tutte ne esprimono comunque l'essenza - che l'ebraismo, come qualsiasi altra cultura vivente, entri in rapporto con le culture circostanti e le influenzi, o ne subisca l'influenza, a queste persone non viene proprio in mente.

Un giorno o l'altro scriverò una grammatica italiana in cui si parlerà di quello che vorrei chiamare "imperfetto convenzionale od antigiudaico", con cui l'autore descrive una caratteristica a lui sgradita della religione ebraica, ma senza accertarsi che il tempo imperfetto, delle azioni passate durature, magari iniziate prima di un'altra azione passata che fa da riferimento, ma sicuramente compiute nel tempo presente, sia adatto a ciò che descrive.

Se non si riesce ad impedire agli autori di abusare dell'imperfetto, si mettano perlomeno i lettori sull'avviso!

Le polemiche tra religioni sono lecite, chi ne pratica una la ritiene sicuramente migliore della concorrenza ed ha il diritto di dirlo e motivarlo - ma vanno fatte con stile.

Commettere anacronismi non vuol dire avere stile, ma fare autogol.

Raffaele Ladu

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