mercoledì 2 febbraio 2011

Il peggior incubo per Israele


Di tutti i governi, il più preoccupato per la situazione egiziana è quello israeliano, in quanto teme che il successore di Mubarak denunci il trattato di pace con Israele; la preoccupazione è tale che paradossalmente un paese democratico (sarebbe meglio dire “etnocratico”) preferisce avere a che fare con una dittatura che con un’altra democrazia.

Si potrebbe scrivere un apologo: Israele è come un giovanotto (od una giovinetta) che ha la fortuna di essere assunto da una grande azienda, con un buono stipendio ed a tempo indeterminato.

Il primo consiglio che gli danno sia i genitori che gli analisti finanziari è quello di accendere un mutuo per comprarsi la prima casa: non solo per approfittare degli sgravi fiscali, ma anche perché dal momento del rogito ha la sicurezza di non essere sfrattato finché paga le rate del mutuo, e quando sarà vecchio la pensione la potrà usare tutta per vivere anziché spenderne tre quarti per l’affitto.

Ma il giovanotto/giovinetta ribatte: “Ma in affitto posso prendere una casa più grande di quella che mi potrei permettere con un mutuo!” e rifiuta il consiglio.

Trent’anni dopo l’azienda in cui lavora entra in grave crisi, ed il sindacato propone un contratto di solidarietà: anziché licenziare il 15% dei dipendenti, orario di lavoro e salario vengono ridotti a tutti del 15%.

Il giovanotto/giovinetta si trova ora a mal partito: se avesse ascoltato i buoni consigli, il mutuo avrebbe già finito di pagarlo, ed una diminuzione del reddito del 15%, pur molto spiacevole, sarebbe riuscito a sopportarla; ma un affitto è un’altra cosa, e per lui l’unica possibilità di cavarsela è sabotare le trattative per il contratto di solidarietà – contando sul fatto che non sarà comunque tra il 15% dei licenziati.

Dopo gli accordi di Camp David con l’Egitto, Israele ha avuto diverse ottime occasioni di fare la pace con i palestinesi ed i siriani, e questa lo avrebbe messo nella condizione di chi compra la casa con un mutuo ipotecario: finché paga il prezzo pattuito, non c’è modo di cacciarlo, e questo prezzo non lo si paga mica in eterno!

Ma nel breve termine i prezzi politici della pace superano i proventi, e chi non pensa al futuro preferisce l’occupazione cronica con delle bouffées belliche.

Se si fosse fatta la pace con palestinesi e siriani, il rischio che in Egitto ora vadano al potere persone irrimediabilmente ostili ad Israele sarebbe stato molto ridotto, ed in ogni caso quest’eventualità la si sarebbe potuta affrontare con molta più tranquillità.

Ma l’imprevidenza d’Israele rende il suo governo il paradossale ultimo sostenitore di Mubarak e della sua autocrazia – e rischia di creare un baratro incolmabile con il mondo arabo.

Infatti, finché erano solo i palestinesi a pagare il fio della politica israeliana, un tunisino, un egiziano, un giordano, uno yemenita, un marocchino, eccetera, potevano anche disinteressarsene; ma quando questi vede un grande paese che si vanta (con buone ragioni) di essere democratico, e che ha sempre rinfacciato ai suoi vicini (con ottime ragioni) di essere delle dittature, scommettere contro la sua libertà e la sua possibilità di vivere in un paese democratico, allora è costretto a considerarlo un suo pericoloso nemico.

Oltretutto, molti mussulmani non hanno certo dimenticato che la Savak, la famigerata polizia segreta dello scià di Persia, era stata fondata su suggerimento britannico, ma era addestrata dal Mossad israeliano e dalla CIA americana. Credo che non sia il caso di ripetere l'errore di un tempo - Obama se ne è già reso conto.



Dichiarazione di conflitto d'interessi: ho acquistato un appartamento per le vacanze ad Hurghada, Egitto, e questo mi pone in una situazione non dissimile da quella d’Israele, visto che devo sperare che il prossimo governo egiziano non sia composto da estremisti pronti a confiscare i beni degli stranieri.

Questo però non mi ha mai impedito di ammettere che quella di Mubarak è una dittatura, rea di gravi violazioni dei diritti umani, e di parteggiare per chi vuole la democrazia in Egitto – del resto, in una dittatura non ci vuol molto a trovare un pretesto per confiscare i beni immobili di uno straniero che dice quello che pensa, e quindi non è che parteggiare per Mubarak mi metta al sicuro.

Penso di aver gestito il mio conflitto d’interessi meglio di Netanyahu.