sabato 8 ottobre 2011

martedì 23 agosto 2011

Giuliano Amato ha perso una buona occasione di tacere




[1] riporta una frase infelice di Giuliano Amato, che, pur essendo presidente dell'Istituto per l'Enciclopedia Italiana, si è permesso di dire che "c'è troppa Sardegna nella politica italiana", intendendo per "Sardegna" le veline.

[2] e [3] sono le risposte per le rime; io direi invece solo che le donne sarde sono belle, più intelligenti di lui, ed anche tanto sicure di sè da dare ai commenti di Amato l'importanza che meritano: nessuna.

Lui non ha capito nulla delle persone sarde, e chi non capisce i propri elettori non può fare l'uomo politico; e come uomo di cultura ha dato la misura della propria competenza dicendo una cosa che nessuna persona al mondo tollererebbe che si dicesse del proprio popolo.

Però il peggio non è stato quello che ha detto della Sardegna; il peggio è stato l'aver detto che
la sinistra: "ha interamente sostituito i diritti individuali alla solidarietà ed al riconoscimento dell'altro. Tutto questo porta al solo appagamento del 'dio Io". Insomma, per l'ex premier "nella vita attuale italiana c'è troppo individualismo e troppa ricerca dell'appagamento dell'io". Ma la malattia dell'io per Amato non è solo italiana: "sta segnando l'Europa: e le affermazioni dei partiti xenofobi" ne sono un esempio. "Si tratta di partiti che negano Dio", ha proseguito.
I diritti individuali sono la pietra angolare di ogni società liberale e democratica; e la xenofobia, di cui si lamenta Amato, non nasce dal dare troppa importanza ai diritti individuali, ma al contrario a darne troppo poca - perché nessuno può chiedere diritti che non è disposto a concedere al proprio prossimo.

Una solidarietà costruita in antitesi ai diritti individuali è la base non del liberalismo, ma del comunitarismo; il fatto che il comunitarismo alla Giuliano Amato voglia estendersi all'intera umanità (nelle intenzioni non è infatti xenofobo, ma nei fatti insulta chi viene da una terra particolare) lo migliorerebbe un pochino, ma non ne rimuove la tentazione di cercare comunque un nemico esterno ed un capro espiatorio.

La famosissima ed indimenticabile frase di Giuliano Amato pronunciata nell'imminenza del World Pride del 2000, in cui si lamentava che "purtroppo" la Costituzione consentiva una cosa del genere è perfettamente coerente con il suo comunitarismo in cui i diritti di libertà sono il problema e non la soluzione, ed in cui le persone LGBT fungono da capri espiatori.

Per quanto riguarda i partiti xenofobi che "negano Dio", va detto che religione e politica sono due ambiti diversi. Una persona che voglia portare in politica valori ispirati dalla propria fede religiosa lo può fare, ma deve trasformare i valori religiosi in un progetto politico capace di parlare anche a chi non condivide la sua fede.

Dire che i partiti xenofobi negano Dio vuol dire non solo esporsi all'obiezione "quale Dio?", ma anche fare un cortocircuito tra religione e politica che crea divisione anziché coesione sociale.

Questo voleva sentire il suo pubblico?

Raffaele Ladu

lunedì 27 giugno 2011

Judith Butler ministro dell'interno!


Giovedì 23 Giugno 2011 è accaduto a Gerusalemme quello che è descritto in quest’articolo:

  1. http://www.haaretz.com/print-edition/news/israeli-justice-minister-assimilation-of-diaspora-jews-fulfills-hitler-s-vision-1.369613
La cosa più importante non mi pare tanto la previsione apocalittica del ministro della giustizia Yaakov Neeman, secondo cui l’assimilazione starebbe realizzando i sogni di Hitler, ovvero la distruzione degli ebrei come popolo (temo che Hitler risponderebbe che lui voleva distruggere le persone ebree, che è ben altra cosa), quanto il fatto che Eli Yishai, ministro dell’interno, si sia sognato di dire:

(quote)

Yishai also said that ten years ago, a study was published in the United States showing "the Jewish gene" was passed along the maternal line, affirming the ancient halakhic line of Jewishness passing along the maternal line. This remark was met with sneers from the audience.

(traduzione)

Yishai ha anche detto che dieci anni fa fu pubblicato uno studio negli Stati Uniti che mostrava che “il gene ebraico” veniva trasmesso in linea materna, confermando l’antica posizione halakhica per cui l’ebraicità si trasmette in linea materna. Questo commento ha suscitato l’ilarità del pubblico.

(unquote)

Ogni popolo cerca di dimostrare di essere diverso dagli altri, e la tentazione di tutti è quella di “essenzializzarsi”, ovvero di dimostrare che una particolare proprietà (positiva, magari) è esclusiva di un popolo, e se si riesce a dimostrare che questa proprietà è innata in chi appartiene a quel popolo, e non è solo un risultato dell’educazione, si è convinti di aver fatto tombola.

Come mostrano questi articoli della “Jewish Encyclopedia”, pubblicata tra il 1901 ed il 1906:

  1. http://www.jewishencyclopedia.com/view.jsp?artid=1573&letter=A
  2. http://www.jewishencyclopedia.com/view.jsp?artid=616&letter=P
Anche gli ebrei (come tutti gli europei dell’epoca) hanno ceduto a questa tentazione – quella di ritenersi una razza, da mantenere pura evitando i matrimoni misti; va detto che in quegli anni Adolph Hitler era solo uno studente scapestrato, e nessuno avrebbe potuto prevedere a che cosa poteva portare il razzismo istituzionalizzato.

Ora lo sappiamo, e diventa sempre più difficile considerare semplici curiosità scientifiche studi come quelli di cui si parla qui:

  1. http://www.slate.com/id/2177228/
  2. http://www.cohen-levi.org/jewish_genes_and_genealogy/jewish_genes_-_dna_evidence.htm
  3. http://blogs.discovermagazine.com/80beats/2010/06/04/despite-the-diasporas-jewish-genes-worldwide-show-ancient-connections/
  4. http://media.www.yuobserver.com/media/storage/paper989/news/2008/11/24/ScienceAndHealth/Jewish.Genes.Do.They.Exist-3560009.shtml
  5. http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2007/10/29/AR2007102902094.html
  6. http://www.nytimes.com/2005/06/03/science/03gene.html?pagewanted=1
oppure complimentarsi con il laboratorio di analisi genetiche che ha permesso di identificare 17 scheletri in fondo ad un pozzo a Norwich, Inghilterra, come le vittime ebree di un pogrom:

  1. http://www.bbc.co.uk/news/uk-13855238
perché ci si trova poi a dover digerire non solo Eli Yishai, ma anche Dov Lior, di cui parla questa pagina:

  1. http://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-4087844,00.html
Dov Lior è il rabbino di Kiryat Arba, un insediamento nei pressi di Hebron, ed oggi, 27 Giugno 2011 – 25 Sivan 5771, è stato arrestato (ma dopo l’interrogatorio rilasciato) per essersi rifiutato di presentarsi in tribunale e rispondere alle domande della procura su un libro, “Torat ha-Melekh = L’insegnamento del Re”, che non era altro che una raccolta di brani di opere halakhiche che spiegavano in quali circostanze un ebreo può uccidere un non-ebreo senza rimorso.

Anche in uno “stato ebraico” come Israele ci si rende conto che la religione ebraica non può essere usata per legittimare la crudeltà e la discriminazione, ma diverso tempo prima di essere arrestato Dov Lior si è permesso l’incredibile lusso di dire che nella fecondazione artificiale eterologa di donne ebree non bisogna usare il seme di un non-ebreo (come invece consiglia la maggior parte dei rabbini, a partire da Moshe Feinstein z.l., perché dà meno complicazioni halakhiche), ma di un ebreo, perché i non-ebrei generano secondo Dov Lior una prole crudele e barbara.

Questa dichiarazione è perfettamente in linea con quel libro – per lui gli ebrei non sono solo irrimediabilmente diversi, ma anche indiscutibilmente superiori; qui leggete la dichiarazione come è stata riferita da Yedioth Ahronot, e poi un feroce commento:

  1. http://www.ynetnews.com/Ext/Comp/ArticleLayout/CdaArticlePrintPreview/1,2506,L-4006385,00.html
  2. http://www.richardsilverstein.com/tikun_olam/tag/dov-lior/
A mio avviso, però, il commento di Richard Silverstein è troppo semplicistico. Non so quanto Dov Lior ne sappia di genetica, ma io (pur avendo una laurea in psicologia anziché biologia) noto che i genetisti stanno ora cominciando ad indagare su cluster [raggruppamenti] di geni che codificano tratti comportamentali complessi, che si esprimono in misura maggiore o minore interagendo con l’ambiente.

Casi tipici sono tratti negativi come alcuni disturbi psichici, positivi come l’intelligenza, o neutri come l’orientamento sessuale (per i curiosi, pare che esso sia ereditario al 50%). Non è quindi impossibile che un gruppo di genetisti con adeguate risorse e grande determinazione possa col tempo stabilire quale (o quali) combinazioni genetiche possano codificare il “temperamento ebraico”, o, per dirla con alcuni rabbini ortodossi, la “neshamah yehudit = anima ebraica” – supposto che questi concetti abbiano un senso in ambito extrareligioso.

Poiché i geni di un cluster possono essere ereditati separatamente, questa scoperta renderebbe possibile rispondere sì o no ad una domanda di conversione in modo inequivoco: basterebbe fare l’analisi genetica del candidato – se si rinviene uno dei cluster “kasher = approvati”, allora lui è un ebreo nato per caso in una famiglia gentile, e va convertito perché si è riscontrata in lui la “neshamah yehudit”, altrimenti, la domanda va respinta con cortesia, ma anche inflessibile fermezza, perché l’analisi genetica non lascia spazio a ripensamenti.

Una genetica simile sarebbe compatibile sia con le sparate di Dov Lior sia con l’empirica osservazione che le conversioni all’ebraismo non sono mai mancate, ed hanno per forza di cose introdotto dei geni estranei al “pool” originario; ha senso però un ebraismo fatto così, in cui tutto un modo di vivere viene ridotto all’epifenomeno di una configurazione genetica?

Penso di no – penso invece che non sia un caso che l’autrice del filone più promettente delle “teorie queer”, che rifiutano di accettare il “genere” come il semplice corrispondente sociale del “sesso”, ed anzi avvertono che noi interpretiamo delle configurazioni anatomiche come “maschili” o “femminili” proprio perché la società occidentale ha scelto di organizzarsi secondo due generi, sia l’ebrea Judith Butler.

Penso che se Judith Butler fosse ministro dell’interno al posto di Eli Yishai, direbbe che non è ebreo chi ha un’essenza ebraica, ma ebreo è chi si comporta come se fosse ebreo – ammettendo senza problemi che il “comportamento ebraico” è cambiato molto nel corso dei secoli, e non si può ricondurre all’avere o manifestare un’”anima ebraica”; tutto questo a prescindere ovviamente dal fatto che in un paese come si deve lo stato non deve conoscere l’affiliazione religiosa dei cittadini.

Non sarebbe una rivoluzione – sarebbe un ritorno ai primi tempi dell’esistenza dello stato d’Israele, quando Ben Gurion disse: “Chiunque sia abbastanza _meshugge_ [pazzo] da dichiararsi ebreo è ebreo”. Ed una dimostrazione del potenziale rivoluzionario delle “teorie queer”.

Ciao, RL

The Science of Evil / Simon Baron-Cohen

Lo ammetto: ho subìto una diagnosi di "disturbo della personalità borderline", e perciò le recensioni che ho cominciato a leggere due settimane fa del libro:

mi hanno indisposto abbastanza per convincermi a leggerlo. Ne è valsa la pena, ma avverto che il libro va letto per intero, altrimenti si rischia di fraintenderlo, ed ora vi spiego perché.

Simon Baron-Cohen è uno psichiatra famoso per i suoi studi sull'autismo (Sacha Baron-Cohen, l'attore diventato famoso con il personaggio di "Borat", è suo cugino), ed in questo "spettro" di disturbi lui ha rinvenuto come caratteristica principale la mancanza di empatia - l'empatia è la capacità di percepire gli stati d'animo altrui (empatia affettiva) e reagire in modo appropriato (empatia cognitiva).

Il titolo e sottotitolo del libro si possono così tradurre in italiano: "La scienza del Male: sull'empatia e le origini della crudeltà", e Simon Baron-Cohen lo ha scelto perché ritiene che i crimini, dai più lievi (ingiuria verbale) ai più gravi (genocidio) nascano da una mancanza di empatia, transitoria o permanente, che ci permette di trattare le altre persone come oggetti - e gli oggetti che non servono o sono d'impaccio possono essere rotti o distrutti senza rimorso.

Secondo Simon Baron-Cohen, ci sono almeno tre sindromi psichiatriche in cui la mancanza di empatia è esclusivamente dannosa, e perciò lui le chiama condizioni "Zero Negativo", ed una in cui la mancanza di empatia può essere controbilanciata da un incredibile talento, e perciò la chiama "Zero Positivo".

La condizione "Zero Positivo" è data dai disturbi dello spettro autistico, di cui la condizione a miglior funzionamento, in cui il talento non è impacciato da disturbi del linguaggio o del comportamento, è chiamata "Sindrome di Asperger" - ne ho già parlato qui.

Le condizioni "Zero Negativo" sono date da tre disturbi di personalità: "Disturbo Borderline di Personalità", "Psicopatia (una forma grave di Disturbo Antisociale di Personalità)", "Disturbo Narcisistico di Personalità".

Mi permetto di osservare una cosa su queste tre condizioni: Simon Baron-Cohen le ha descritte scegliendo tre casi paradigmatici, ovvero assai gravi, in modo che anche un profano si rendesse conto di che cosa significa avere questi disturbi per il paziente - e, va detto, anche per chi lo circonda.

In realtà molti casi sono più lievi (la "psicopatia" invece è per definizione una forma grave), ed anche se è avvertibile un "disturbo", ciò non vuol dire che in essi il funzionamento sociale sia completamente compromesso, oppure che l'empatia sia letteralmente azzerata; nel caso particolare del disturbo di personalità borderline, si è notato che l'empatia affettiva può essere ben superiore alla media (ovvero il paziente comprende molto meglio dei non-disturbati le emozioni altrui), ma quella cognitiva (ovvero la capacità di reagire in modo adeguato a codeste emozioni) può essere disarmantemente bassa - quanto basta per mettere il paziente in situazioni incresciose.

Per quanto riguarda le condizioni Zero Positivo, Simon Baron-Cohen dice che sono caratterizzate da una grande capacità di individuare le regolarità (in inglese "pattern") nel mondo naturale ed ideale, il che li rende spesso ineguagliabili in molti campi della scienza; poiché però non c'è altrettanta regolarità nel mondo sociale, e non hanno un'empatia che li aiuti, nei rapporti sociali si perdono.

Però è raro che le persone autistiche compiano crimini, secondo Simon Baron-Cohen, perché proprio il loro incessante ragionare li porta a creare un codice morale molto sofisticato, che pur non partendo dall'empatia, giunge comunque al rispetto per l'altro; inoltre, le persone autistiche danno un enorme valore alla verità, tanto da non essere capaci di dire "le bugie bianche", e da diventare spesso i "whistleblowers", cioè le persone che denunciano a gran voce la violazione di una regola.

Alcuni criminali sessuali sono persone autistiche (un caso lo cita anche Simon Baron-Cohen), in quanto non riescono letteralmente a capire un no che non sia inequivocabile, e non hanno idea di come si creano le relazioni umane; però risulta difficile immaginarsi un Asperger nel ruolo di Talat Pasha (il coordinatore del genocidio degli armeni) o di Adolf Eichmann (l'organizzatore della Soluzione Finale).

Essi avrebbero infatti capito subito che i pretesti con cui i turchi od i nazisti volevano giustificare i genocidi erano delle menzogne, sarebbero stati relativamente immuni dai pregiudizi antiarmeni ed antisemiti dei loro connazionali (così come lo sono da quelli omofobici), ed il loro codice morale razionale li avrebbe indotti a bloccare i genocidi, anziché dirigerli.

Ho detto che il libro va letto per intero: infatti, quando parla delle condizioni "Zero Negativo", Simon Baron-Cohen parla solo delle concause ambientali, e solo in seguito parla anche degli studi che mostrano che ci sono delle cause genetiche, e di come lui sta indagando proprio sulla genetica dell'empatia - se uno non legge tutto il libro, può credere che le concezioni di Simon Baron-Cohen siano rimaste ferme a trenta-quarant'anni fa, quando di ogni disturbo psichico si riconosceva come unica causa una famiglia disfunzionale.

Un punto debole che Simon Baron-Cohen ammette nel libro senza riuscire a superarlo è che i suoi studi finora spiegano solo la mancanza di empatia generalizzata, non la mancanza di empatia verso alcune persone e non altre; tipico caso sono stati i nazisti che massacravano gli ebrei e si prendevano cura dei propri familiari, ed oggi molti omofobi sono un esempio altrettanto tipico di mancanza di empatia verso un gruppo di persone.

Questo problema attualmente è affrontato meglio dalla psicologia sociale che dalle neuroscienze - ci vorranno, penso, diversi decenni per capire come un pregiudizio od un'ideologia possano "spegnere" le aree del cervello che fanno parte del "circuito dell'empatia" e trasformare una persona sana ed equilibrata in un genocida od omo-cida.

Ciao, RL

domenica 29 maggio 2011

L'Io corporeo - 002 - 2011-05-26 - Ascensore

Questa volta la Libreria Bocù ci ha solo chiesto di rappresentare una nostra fantasia; come suggerimenti ci sono stati proposti:

  • l'"effetto cuckold", ovvero il picco di desiderio sessuale che colpisce un maschio quando scopre di essere stato tradito;
  • quello che può succedere quando due persone si trovano dentro un ascensore bloccato.
Stavolta non sono riuscito a far ridere - questo è il mio svolgimento:

Era andato tutto bene: il marito di Edna aveva problemi di erezione, che però sparivano quando l’amica Ester la eccitava; dopo una nottata in cui, a dire il vero, Giorgio aveva penetrato Edna prima che arrivasse Ester, ma in cui le due amiche avevano comunque deciso di aiutarsi a vicenda, dando a Giorgio altre due possibilità di godere con la moglie, Edna volle accompagnare Ester alla macchina, prendendo l’ascensore con lei.

Ancora un po’ stordite dal troppo sesso, non badarono al cartello che avvertiva che tra le due e le cinque del mattino l’ascensore sarebbe stato bloccato per la sostituzione della centralina di controllo, e si trovarono chiuse dentro; la centralina da sostituire comandava anche l’allarme, ed il marito di Edna aveva spento il cellulare per godersi il meritato riposo; Ester avrebbe voluto chiamare i pompieri col cellulare, ma Edna la fermò.

“Ester, è l’unico momento che è solo per noi due. Godiamocelo!”

“Io sono stanca, Edna. Credevo che io e Giorgio ti avessimo soddisfatto abbastanza!”

Edna abbracciò Ester e le disse: “Davvero lo fai solo perché te l’ho chiesto?”

Ester le carezzò la guancia, appoggiò la testa di lei sulla propria spalla e le rispose: “Ad un’altra amica avrei risposto di no”.

Edna la baciò sulle labbra, la bocca di Ester si schiuse e per la prima volta si baciarono senza testimoni.

Ester aprì la camicia e disse: “Da sempre voglio offrirti il mio seno.”

“Da sempre voglio poter offrire il mio solo a te, e non un capezzolo a te ed uno a Giorgio,” rispose Edna.

Con la bocca esplorarono i loro corpi, e con la lingua li portarono al piacere.

Quando ebbero terminato e si rivestirono, Ester chiese ad Edna: “Me lo apri tu il negozio stamattina? Sono disfatta.”

“Fino alle 11 posso stare al banco,” rispose Edna, “Poi devo pranzare con Giorgio – che magari vorrà un antipasto che dissipa calorie.”

“Non potrò aiutarti, ma ti penserò molto. Pensarti mi tiene sveglia, e mia figlia si chiede come mai ora bevo meno caffè.”

“Ti amo tanto,” disse Edna.

“Anch’io,” rispose Ester, “convinci tuo marito a farlo ancora dopodomani.”

martedì 10 maggio 2011

Storiella 00001 - Da swinger a vedovo


Ogni tanto mi capita di scrivere storielle a sfondo talvolta erotico, talvolta autobiografico. Ecco la prima.


(quote)

[Nell'ufficio di Livia, direttrice del club "Tantra", entra Gaio]

Livia: Ciao, Gaio. Ti ho fatto le condoglianze per tua moglie?

Gaio: Sì, eri al funerale. Perché me lo chiedi?

Livia: Perché negli ultimi tempi dormo poco e mi ricordo ancor meno. Scusami.

Gaio: Non dirlo a me. Ho un serio problema.

Livia: Parla. In che posso aiutarti?

Gaio: Devo lasciare il club.

Livia: Perché? Non c'è motivo.

Gaio: Si accettano solo coppie qui.

Livia: Sì, ma se un socio rimane solo ha tre mesi per riaccoppiarsi se l'ex è ancora viva, un anno se l'ex è passata a miglior vita. E forse tra noi troverai una nuova partner.

Gaio: Sinceramente, non faccio che pensare a Giulia. Nessuna può sostituirla.

Livia: Lo so, era una mia cara amica, ed anch'io la rimpiango. Ma ... non era nato un legame tra te, Giulia e Greta?

Gaio: Fa parte del problema, non della soluzione.

Livia: Spiegati meglio.

Gaio: Ti ricordi quando ci siamo iscritti io e Giulia?

Livia: Due anni fa. Eravate davvero una bella coppia.

Gaio: Ecco, ad onta del nome io sono etero, mentre mia moglie si era scoperta bisex. Non ho mai voluto farle mancare nulla, e quando me lo ha confidato, ho pensato che fosse meglio "scortarla" nei suoi incontri con altre donne anziché rischiare che lei si facesse male.

Livia: Ed a quanto sembra, sei uno dei pochi che non pretende di partecipare agli incontri della moglie con le sue amanti.

Gaio: Mi sono reso conto che sarei stato di troppo, e che un "trio" va bene solo in musica, non nell'alcova.

Livia: Mi è parso che voi due aveste trovato una certa felicità nel nostro club.

Gaio: E' vero; Giulia si sentiva ringiovanita ed anch'io brillavo di luce riflessa. Forse la complicità che si era creata a causa di questi incontri ci rendeva più uniti. Ci siamo messi a parlare di cose che non avremmo mai saputo di doverci dire, e ci eravamo giurati, se non amore eterno, eterno affetto.

Livia: Perché "affetto eterno" anziché "amore eterno"?

Gaio: So che un uomo non può battere una donna in queste cose, e temevo che mia moglie mi avrebbe lasciato per un'altra donna. Non è accaduto, ma forse perché non ne ha avuto il tempo.

Livia: E Greta? Sembrava che voi foste un trio affiatatissimo, almeno fuori dall'alcova.

Gaio: Entrambi l'amavamo, ma in modo diverso - o meglio, per tutti e due era la figlia che non avevamo mai avuto; ma mentre Giulia era libera anche di innamorarsene e di amarla in modo focoso, io recitavo il ruolo del padre che permette a madre e figlia di amarsi, e che verso la figlia prova solo affetto.

Livia: Avevate vissuto insieme tutti e tre, mi pare.

Gaio: Era una convivenza un po' strana: avevamo due stanze, una con un letto matrimoniale, una con un lettino. Avevamo concordato che Giulia dormisse sempre nel letto matrimoniale, e che io e Greta trascorressimo una notte ciascuno con lei - l'altro dormiva nell'altra stanza.

Livia: E funzionava?

Gaio: Mia moglie urlava tutte le notti - con me e con Greta. Ho anche avuto l'idea di registrare le sue urla per stimare chi la faceva godere di più, e la registrazione è uno dei suoi cari ricordi.

Livia: Non è permesso fare queste cose. Non lo dire ad un'altra persona.

Gaio: Certo. Ma secondo te, quando passeggio con l'auricolare per il corso, che cosa sto ascoltando?

Livia: Nessuno - uomo o donna - mi ha mai fatto questo omaggio. Giulia è molto fortunata.

Gaio: Greta era affettuosa anche con me, forse per gratitudine, forse anche lei per sovrabbondanza di amore: Giulia la rendeva felice, e voleva rendere felice chi Giulia amava. Allo stesso modo volevo che anche Greta fosse felice.

Livia: Perché non ti fai accompagnare da Greta al club? Forse così superate prima entrambi il dolore per la morte di Giulia.

Gaio: L'errore che abbiamo fatto è stato quello di tentare di superarlo in privato.

Livia: Siete già andati a letto?

Gaio: Non abbiamo fatto un grande affare. Eravamo soli, e la sera del funerale Greta non se la sentiva di andare a dormire altrove. Oltretutto, lei era partner di Giulia come lo ero io. Siamo andati a dormire nel lettone di Giulia per sentire ancora il suo odore ed il suo calore - e ad un certo punto ci siamo abbracciati, baciati, penetrati.

Livia: E poi?

Gaio: Greta è molto bella, ma in quel momento io pensavo: "Non è Giulia!"; e credo che anche lei abbia pensato la stessa cosa. Siamo venuti, ma è stato un godimento puramente genitale. Dopo ci siamo sentiti complici di un tradimento - come se avessimo ucciso Giulia per la seconda volta.

Livia: Per fortuna che Giulia è morta di folgorazione lontano da casa e da voi, sennò ti prenderei sul serio.

Gaio: In ogni caso, da quel momento in poi non ci siamo più sopportati. Il mattino dopo ho riportato Greta nella stanza del pensionato universitario in cui viveva prima di trasferirsi da noi. Non so se lei vorrà riprendere a frequentare il club - non glielo impedisco.

Livia: Però non vuoi riappacificarti con lei.

Gaio: Ogni volta che la incontro penso a Giulia che la accarezzava e baciava; è capitato che noi tre si andasse a passeggio insieme, e se io cammino accanto a lei mi ricordo questi momenti. Se devo rassegnarmi alla morte di Giulia, devo smettere di incontrare Greta.

Livia: Capisco. Senti, perché non vi mettete d'accordo per frequentare il club in ore diverse o giorni diversi? Noi stiamo sviluppando delle serate a tema, separando gli etero dalle lesbiche e dai gay. Entrambi vi rifarete una vita senza essere ossessionati dai ricordi.

Gaio: Ci penserò. Ciao. Ora vado in biblioteca a restituire i libri che aveva preso in prestito Giulia. Di nuovo ciao.

(unquote)

venerdì 22 aprile 2011

L'Io corporeo - 001 - 2011-04-21 - Punizioni


La Libreria Bocù di Verona organizza ogni mese degli incontri dedicati alla letteratura erotica, in cui si commenta un libro erotico già pubblicato, e si invitano i partecipanti a svolgere un "tema" con la forma d'arte a loro più congeniale (poesia, narrativa, fotografia, pittura).

Ieri sera, 21 Aprile 2011, è stato proposto questo tema:

"Le punizioni dovrebbero avvenire per cause futili e sciocche ed essere comminate dall'uomo sulla donna che egli ama con sguardo enfaticamente burbero, che la donna fingerà di prendere sul serio, naturalmente, e mano leggera. Una sculacciata può essere molto divertente e anche straordinariamente eccitante, data e ricevuta con queste premesse."
Lady Henriette P. Montague (1786)
E così lo svolsi:

Scena 1

[In salotto Enrica ed Elisa prendono il thé. Il marito di Elisa urla da un'altra stanza]

Giovanni: Maledetta sgualdrina! Sarai la mia rovina!

  Enrica: Ma come si permette?

   Elisa: Sta' tranquilla, ha di nuovo il male da F24.

  Enrica: Il modulo per pagare le tasse via web?

   Elisa: Esatto.

  Enrica: Mia nonna diceva che una vera signora si concede al marito solo dopo aver pagato le tasse.

   Elisa: Sì, ma tua nonna viveva in Svizzera, dove le tasse sono poche e si pagano di rado!

  Enrica: In Italia, invece ...

   Elisa: ... Si pagano le tasse cinque giorni su sette!

  Enrica: Ho capito! Meglio che vi lasci soli. Certo che è un bel dovere il tuo!

Scena 2

Giovanni: Sei qui, disgraziata!

   Elisa: Tesoro, che ti succede? Non ho mica comprato una pelliccia nuova!

Giovanni: Hai pagato le tasse 59 secondi prima della scadenza! E' un insulto a chi lavora e si affatica!

   Elisa: Tesoro, hai quello che vuoi in grande abbondanza. Di che ti preoccupi?

Giovanni: Di questo passo per le sigarette dovrò chiedere l'elemosina, e per il cibo dovrai far marchette!

   Elisa: Rischiamo veramente questo, tesoro mio?

Giovanni: E' più facile che il successore di Obama si chiami Hitler, a dire il vero, ma non si sa mai!

   Elisa: Puoi allora prepararmi a quest'eventualità, tesoro?

Giovanni: Vuoi che ti insegni a far marchette?

   Elisa: Hai detto che non si sa mai.

Giovanni: L'ho detto che sei una sgualdrina! Ma io non ti insegno da cliente! T'insegno da pappone!

   Elisa: Sì, riversa su di me il tuo sapere! Insegnami a valorizzare la mia merce, imprenditore di successo!

Giovanni: Vieni qui che ti strappo tutti i vestiti! Una vera troia non ha bisogno di abiti sontuosi!

   Elisa: Tesoro, basta tirare il filo che sporge dal bottone tra le tette e saltano tutte le cuciture.

Giovanni: E' vero. Com'è possibile?

   Elisa: Tesoro, la sarta che mi fa i vestiti su misura la pagherò per qualcosa.

Giovanni: Ma io devo farmi rispettare da te! Inginocchiati e leccami i piedi!

   Elisa: Solo i piedi, tesoruccio?

Giovanni: Ti faccio leccare qualcosa che ti piace? Obbedisci, schiava, al tuo signore e padrone!

   Elisa: Con vero piacere!

Giovanni: Che stai facendo?

   Elisa: Sto infilando il preservativo all'alluce. Con un cliente, non si sa mai.

Giovanni: Toglilo, prima che mi venga la tentazione di infilarne uno sulla tua testa!

   Elisa: Affare fatto! Io ti succhio l'alluce, tu lo chignon!

[Penso che sia meglio terminare qui il racconto. Come vedete, io e le punizioni non andiamo d'accordo :-)]

giovedì 10 marzo 2011

Errore di metodo, errori di merito

Mi spiace fare il pedante, ma qualche volta serve.

Sto leggendo, con mostruoso ritardo, questo libro:
che è una raccolta di articoli di discreto interesse; uno mi ha un po' indispettito, in quanto laureato in psicologia generale ed ex-studente di giurisprudenza.


L'articolo è il capitolo 5 del libro, 

  • Contratti e minacce: analisi cognitiva di un caso di corruzione politica / Paolo Legrenzi

in cui l'autore, dopo un'interessante analisi del caso Enimont, che nei primi anni '90 aveva riempito le pagine dei giornali, tenta un'analisi dei contratti della forma "Se tu fai X, io faccio Y", che vuol dimostrare che, se noi riusciamo a capire e ad usare questo tipo di contratti, è perché seguono una "struttura profonda" simile a quella che Noam Chomsky postulava per le grammatiche delle varie lingue parlate - che anche i bambini sono in grado di usare per comprendere se una frase è corretta, od un contratto è plausibile o meno.


L'analisi non manca di interesse, ma ci sono due errori, o meglio: un errore di metodo porta poi a degli errori di merito.

L'errore di metodo è questo: se è vero che i contratti esistono dai primordi dell'umanità, è anche vero che la loro struttura è studiata da 20-30 secoli dalla giurisprudenza; se uno psicologo od un gruppo di psicologi vogliono proporre un nuovo approccio al problema, è certamente assai raccomandabile che interpellino un giurista per capire se l'approccio è tanto promettente come sperano.

Se lo avessero fatto, il giurista avrebbe spiegato loro che la loro analisi non era universale come speravano, nemmeno dallo stretto punto di vista giuridico, e quindi non poteva individuare nulla di universale nemmeno a livello psicologico.

Provo a spiegarmi meglio. I contratti della forma "Se tu fai X, io faccio Y" esistono, vengono chiamati in giurisprudenza "contratti bilaterali", e sono effettivamente la maggior parte dei contratti che usiamo nella vita quotidiana e nel mondo del commercio.

Ma non sono gli unici contratti conosciuti dalla dottrina, o meglio, qui nasce una divaricazione tra il diritto romanistico (quello di paesi come Italia, Francia, Germania, ecc.) e quello dei paesi di diritto anglosassone (come Inghilterra, USA, Israele, ecc.).

Infatti, il diritto romanistico conosce anche i "contratti unilaterali", in cui ci sono due contraenti, ma solo una persona è tenuta a fare qualcosa; un esempio banale è il contratto di deposito, che nel caso più semplice è a titolo gratuito: poiché in questo caso il depositante non paga il depositario perché questi custodisca il bene, l'unica persona che deve fare qualcosa è il depositario, che deve conservare il bene e restituirlo quando convenuto. Se il depositante si tira indietro e non consegna il bene al depositario, questi non può lamentarsi e non può ricorrere al giudice, anzi, ha un'obbligazione in meno!

Quindi, per un romanista, l'analisi proposta da Legrenzi e dai suoi coautori è incompleta; un giurista anglosassone non se ne lamenterebbe, perché nel diritto anglosassone il deposito ed altre figure giuridiche affini non sono classificate come "contracts" ma come "bailments". Questa è la divaricazione di cui parlavo: nel diritto anglosassone solo i "contratti bilaterali" hanno l'onore di essere chiamati "contracts".

Inoltre, la classificazione di Legrenzi confronta la prestazione ("Se tu fai X") con la controprestazione ("Io faccio Y"); è una classificazione valida per un giurista anglosassone, per il quale un "contract" può essere annullato per "lack of consideration = mancanza di corrispettivo", ovvero quando alla prestazione non corrisponde una controprestazione adeguata - è più problematica per un romanista.

E' vero, anche nel diritto romanistico un contratto può essere annullato per "lesione", (Codice Civile Art. 1448) ovvero perché tra il valore di prestazione e controprestazione c'è un divario di oltre la metà, il contraente "leso" ha acconsentito ad un contratto tanto svantaggioso perché in stato di bisogno, e la controparte lo sapeva e ne ha approfittato; però più importante ancora per il romanista è la causa del contratto, più che l'equivalenza delle prestazioni.

La causa è l'interesse che la legge intende tutelare consentendo e facendo rispettare un certo tipo di contratto; se un contratto ha una causa che la legge non approva, esso è nullo. Legrenzi non prende in considerazione la causa, e la sua analisi ha scarso valore nel diritto romanistico.

Non c'è niente di universale nell'analisi di Legrenzi: il grande giurista inglese del 19° secolo Maitland diceva che il diritto romano è la lingua franca della comunicazione giuridica, e forse sarebbe stato meglio partire con un'analisi dei contratti secondo il diritto romanistico, non secondo il diritto anglosassone, anche se l'articolo originale era stato pubblicato su una rivista americana.

I safari in discipline diverse dalla propria sono leciti ed in certa misura benvenuti, ma è meglio farsi accompagnare da una guida indigena, per non mettersi nei guai :-)

mercoledì 2 febbraio 2011

Il peggior incubo per Israele


Di tutti i governi, il più preoccupato per la situazione egiziana è quello israeliano, in quanto teme che il successore di Mubarak denunci il trattato di pace con Israele; la preoccupazione è tale che paradossalmente un paese democratico (sarebbe meglio dire “etnocratico”) preferisce avere a che fare con una dittatura che con un’altra democrazia.

Si potrebbe scrivere un apologo: Israele è come un giovanotto (od una giovinetta) che ha la fortuna di essere assunto da una grande azienda, con un buono stipendio ed a tempo indeterminato.

Il primo consiglio che gli danno sia i genitori che gli analisti finanziari è quello di accendere un mutuo per comprarsi la prima casa: non solo per approfittare degli sgravi fiscali, ma anche perché dal momento del rogito ha la sicurezza di non essere sfrattato finché paga le rate del mutuo, e quando sarà vecchio la pensione la potrà usare tutta per vivere anziché spenderne tre quarti per l’affitto.

Ma il giovanotto/giovinetta ribatte: “Ma in affitto posso prendere una casa più grande di quella che mi potrei permettere con un mutuo!” e rifiuta il consiglio.

Trent’anni dopo l’azienda in cui lavora entra in grave crisi, ed il sindacato propone un contratto di solidarietà: anziché licenziare il 15% dei dipendenti, orario di lavoro e salario vengono ridotti a tutti del 15%.

Il giovanotto/giovinetta si trova ora a mal partito: se avesse ascoltato i buoni consigli, il mutuo avrebbe già finito di pagarlo, ed una diminuzione del reddito del 15%, pur molto spiacevole, sarebbe riuscito a sopportarla; ma un affitto è un’altra cosa, e per lui l’unica possibilità di cavarsela è sabotare le trattative per il contratto di solidarietà – contando sul fatto che non sarà comunque tra il 15% dei licenziati.

Dopo gli accordi di Camp David con l’Egitto, Israele ha avuto diverse ottime occasioni di fare la pace con i palestinesi ed i siriani, e questa lo avrebbe messo nella condizione di chi compra la casa con un mutuo ipotecario: finché paga il prezzo pattuito, non c’è modo di cacciarlo, e questo prezzo non lo si paga mica in eterno!

Ma nel breve termine i prezzi politici della pace superano i proventi, e chi non pensa al futuro preferisce l’occupazione cronica con delle bouffées belliche.

Se si fosse fatta la pace con palestinesi e siriani, il rischio che in Egitto ora vadano al potere persone irrimediabilmente ostili ad Israele sarebbe stato molto ridotto, ed in ogni caso quest’eventualità la si sarebbe potuta affrontare con molta più tranquillità.

Ma l’imprevidenza d’Israele rende il suo governo il paradossale ultimo sostenitore di Mubarak e della sua autocrazia – e rischia di creare un baratro incolmabile con il mondo arabo.

Infatti, finché erano solo i palestinesi a pagare il fio della politica israeliana, un tunisino, un egiziano, un giordano, uno yemenita, un marocchino, eccetera, potevano anche disinteressarsene; ma quando questi vede un grande paese che si vanta (con buone ragioni) di essere democratico, e che ha sempre rinfacciato ai suoi vicini (con ottime ragioni) di essere delle dittature, scommettere contro la sua libertà e la sua possibilità di vivere in un paese democratico, allora è costretto a considerarlo un suo pericoloso nemico.

Oltretutto, molti mussulmani non hanno certo dimenticato che la Savak, la famigerata polizia segreta dello scià di Persia, era stata fondata su suggerimento britannico, ma era addestrata dal Mossad israeliano e dalla CIA americana. Credo che non sia il caso di ripetere l'errore di un tempo - Obama se ne è già reso conto.



Dichiarazione di conflitto d'interessi: ho acquistato un appartamento per le vacanze ad Hurghada, Egitto, e questo mi pone in una situazione non dissimile da quella d’Israele, visto che devo sperare che il prossimo governo egiziano non sia composto da estremisti pronti a confiscare i beni degli stranieri.

Questo però non mi ha mai impedito di ammettere che quella di Mubarak è una dittatura, rea di gravi violazioni dei diritti umani, e di parteggiare per chi vuole la democrazia in Egitto – del resto, in una dittatura non ci vuol molto a trovare un pretesto per confiscare i beni immobili di uno straniero che dice quello che pensa, e quindi non è che parteggiare per Mubarak mi metta al sicuro.

Penso di aver gestito il mio conflitto d’interessi meglio di Netanyahu.