domenica 27 giugno 2010

Famiglie monoparentali ed unisessuali

In altro articolo di questa rivista si parla di un gruppo di genitori omosessuali e di omosessuali, che fa un ottimo lavoro.

Ma a leggere solo quell’articolo, si può pensare che genitorialità ed omosessualità si incontrino solo per caso – perché il genitore etero ha un figlio od una figlia omo, oppure perché una persona che vivendo da etero ha generato dei figli si dichiara infine omo.

In realtà, il desiderare dei figli è indipendente dall’orientamento sessuale (anche se è stato notato che un desiderio irresistibile di avere un bimbo può essere tra i segni di una non piena accettazione della propria omosessualità) e per molte persone l’essere gay o lesbiche significa anche trovare ostacoli supplementari al proprio desiderio di maternità o paternità. Questi ostacoli complicano anche il “coming out” in famiglia, perché molti genitori si aspettano che i loro figli diano loro dei nipoti, e per loro scoprire che il proprio figlio è gay significa anche capire che è molto improbabile che li accontenti.

Meno grave, dal loro punto di vista, è il caso della figlia lesbica, perché è più facile che le lesbiche trovino il modo di diventare comunque madri, specialmente in paesi meno idioti del nostro, che consentono l’inseminazione artificiale alle donne nubili. Questa differenza tra gay e lesbiche in quanto a prospettive di paternità e maternità spiega anche perché molte società tollerino l’omosessualità femminile più di quella maschile.

La principale opposizione alle famiglie unisessuali, in cui ambo i genitori siano del medesimo sesso, viene motivata dall’ideale per cui ogni bambino avrebbe diritto a due genitori di sesso diverso, per conoscere attraverso di loro le realtà del maschile e del femminile.

In realtà, chiunque di voi conosce casi in cui quest’ideale viene messo da parte. Per esempio, nei paesi cattolici le vedove venivano diffidate dal risposarsi, ed in alcune zone della Sardegna questo è tuttora considerato sconveniente. Se per il benessere dei figli fosse indispensabile avere due genitori di diverso sesso, le vedove con figli verrebbero ovunque e da tempo immemorabile costrette dai loro parenti a cercarsi un altro marito!

Io conosco invece vedove che hanno rinunciato a risposarsi perché convinte di fare così l’interesse dei loro figli – temendo, e non senza ragione, che il patrigno sarebbe stato il loro rivale anziché il loro sostegno. E conosco il caso di un illustre vedovo: Karol Woytila senior, padre di colui che sarebbe diventato Papa Giovanni Paolo 2°: questi rinunciò a risposarsi per meglio allevare i figli – e se uno di loro è diventato papa, pur avendo perso la mamma a nove anni, devo dire che il babbo ha avuto grande successo.

Avere due padri o due madri non è qualitativamente diverso dall’avere un padre vedovo od una madre vedova – quantitativamente può essere assai meglio, perché due genitori significano più denaro e più tempo. E non sono infatti mancati degli studi che hanno mostrato che i figli di una coppia gay o lesbica possono avere una marcia in più rispetto agli altri.

Inoltre, le persone che dicono “no alle famiglie unisessuali” spesso cadono nell’errore di assolutizzare la differenza di genere, come se fosse la più grande che due persone possono avere, e nell’ingenuità di presupporre che più grandi sono le differenze tra due genitori, più positiva è la varietà di esperienze a cui sono esposti i figli.

Eppure la maggior parte delle culture, pur vietando il matrimonio tra i parenti di primo grado, prescrive il matrimonio tra persone del medesimo clan o gruppo di clan, con regole anche ingegnose che trovate in un buon testo di antropologia; ed anche quando si passa dalle “strutture elementari della parentela” (in cui sono queste regole a predeterminare il coniuge) a quelle “complesse”, ci sono dei forti limiti nella scelta del partner.

Per esempio, la religione ebraica vieta di sposare persone non ebree; la religione cristiana condiziona il matrimonio con non battezzati ad una dispensa; un’interpretazione dell’islam consente all’uomo di sposare una monoteista, ma tutte vietano alla donna mussulmana di sposare un non mussulmano.

I tradizionalisti di queste religioni (come i rabbini ortodossi) ammettono candidamente che per loro è più importante la sopravvivenza del loro gruppo etnico-religioso della felicità dei coniugi, e questo motiva i divieti; i meno tradizionalisti (come l’imam di Verona, che così si espresse diversi anni fa in una conferenza) fanno notare che se le differenze tra i coniugi sono troppo grandi, la solidità del matrimonio viene messa in forse, e paventano pure il rischio che i figli crescano con un senso dell’identità incerto.

A dar retta a questi ultimi (la mia opinione è che ogni coppia è un caso a sé, e quindi debbano essere i nubendi a decidere), ci sono differenze più grandi e meno gestibili di quella di genere; e la comune osservazione di fronte ad un matrimonio fallito secondo cui è stata la troppa diversità nei caratteri dei coniugi a condannare la coppia fa pensare che le differenze tra i coniugi non siano sempre di giovamento. J

Qualcuno ribatterà: non si possono mettere sullo stesso piano le differenze culturalmente determinate e la differenza sessuale. Purtroppo, questa persona non si rende conto che nulla in natura ha un significato diverso da quello che noi siamo disposti a riconoscergli. Non è il nascere con un pene che ci fa assumere un ruolo maschile, né il nascere con una vulva che ci fa assumere un ruolo femminile – questi dettagli anatomici sono solo il pretesto per imporci dei ruoli culturalmente determinati.

La differenza di genere non ha uno status ontologico diverso dalla differenza di religione o di lingua o di nazionalità – come non è indispensabile che due persone parlino diverse lingue, professino o pratichino diverse religioni, od abbiano due diversi passaporti per unirsi in matrimonio, uno felice con figli felici, così non deve essere necessario che abbiano diverso genere.

Gay e lesbiche in psicoterapia

Gay e lesbiche in psicoterapia

Gli ultimi eventi in Israele ed Italia (e le stupidaggini scritte da bigotti di varie religioni, tra cui quest'articolo) mi hanno indotto a ripescare questa mia vecchia recensione del libro "Gay e lesbiche in psicoterapia" (Raffaello Cortina Editore), scritto con lo scopo di chiarire le idee e sfatare molti pregiudizi tuttora diffusi tra i professionisti della salute mentale.

Il primo dei pregiudizi è che l'omosessualità sia la conseguenza dell'essere cresciuti in una famiglia disfunzionale; in realtà, da numerose inchieste svolte, risulta che le famiglie in cui cresce una persona omosessuale non appaiono migliori o peggiori di quelle in cui cresce una persona eterosessuale.

Non si sa se ci sia di mezzo una predisposizione biologica; nel libro si cita il caso di una persona che aveva sviluppato un orientamento omosessuale in conseguenza di un abuso infantile, orientamento che è stato messo in forse da una terapia volta ad affrontare le conseguenze di quell'abuso (non a cambiare l'orientamento sessuale del soggetto!), ma sembra si tratti di casi non troppo frequenti, e che il clinico attento può distinguere da quello di chi ha un orientamento omosessuale più genuino.

Altro pregiudizio è che gli omosessuali siano psichicamente meno sani e meno adeguati degli altri, e soprattutto, meno capaci di stabilire rapporti umani profondi ed autentici. Anche questo pregiudizio è stato smentito; ciò di cui gli omosessuali soffrono in misura maggiore degli eterosessuali è dovuto alle conseguenze della stigmatizzazione sociale.

Ulteriore pregiudizio, corollario del precedente, è che gli omosessuali siano incapaci di essere buoni genitori; invece, i loro figli, biologici od adottivi, e comunque concepiti, non appaiono migliori o peggiori, o più propensi all'omosessualità, dei figli di genitori eterosessuali.

Se nel 1973 l'Associazione Psichiatrica Americana ha espunto l'omosessualità dal novero delle malattie psichiatriche, non è stato per "pressioni politiche", ma perché le ricerche fatte fino ad allora, e confermate finora, mostravano che l'omosessualità non aveva nessuna delle caratteristiche delle sindromi psichiatriche: non coarta né l'intelletto né l'affettività, non impedisce di avere rapporti sociali e di lavoro soddisfacenti.

Vi traduco questo documento dell'Associazione Psichiatrica Americana:

(quote)

Appoggio al riconoscimento legale del matrimonio civile tra persone del medesimo sesso

PRESA DI POSIZIONE

Approvata dall'Assemblea nel Maggio 2005

Approvata dal Consiglio d'Amministrazione nel Luglio 2005

"I documenti politici sono approvati dall'Assemblea e dal Consiglio d'Amministrazione dell'APA ... Sono prese di posizione che definiscono la politica ufficiale dell'APA su argomenti specifici" (Manuale operativo APA).

Come medici che di frequente vagliano l'impatto delle relazioni sociali e familiari sullo sviluppo infantile, e l'abilità degli adulti e dei bambini di affrontare lo stress e la malattia mentale, gli psichiatri notano l'invariabilmente positiva influenza di un rapporto di coppia stabile tra gli adulti sulla salute di tutti i membri della famiglia. I rapporti familiari e coniugali sostenuti ed impegnati sono le pietre angolari della nostra rete di sostegno sociale quando affrontiamo le sfide della vita, tra cui la malattia e la perdita. C'è ampia prova che un sostegno coniugale e familiare a lungo termine migliori la salute fisica e mentale a tutti gli stadi di sviluppo.

Questa presa di posizione riguarda il riconoscimento legale del matrimonio civile tra persone dello stesso sesso, non del matrimonio religioso, e non si occupa dell'opinione di una qualsiasi comunità religiosa sul matrimonio tra persone dello stesso sesso.

I rapporti eterosessuali hanno una cornice legale in cui porsi grazie al matrimonio civile, che dà una forza stabilizzatrice. Negli Stati Uniti, con l'eccezione del Massachussets, alle coppie omosessuali sono ora negati gli importanti benefici giuridici, i diritti e le responsabilità del matrimonio civile. Pertanto le coppie omosessuali subiscono diversi tipi di discriminazione sancita dallo stato che può nuocere alla stabilità della loro relazione ed alla loro salute mentale.

I figli di genitori gay e lesbici non coniugati non hanno la stessa protezione che il matrimonio civile offre ai figli di coppie eterosessuali. I genitori adottivi gay e lesbici affrontano ulteriori ostacoli. Una persona che sia lesbica o gay viene spesso presunta inetta all'adozione in modo assoluto in molte giurisdizioni degli Stati Uniti. Inoltre, quando delle coppie non sposate compiono un'adozione, normalmente, solo uno dei genitori riceve dei diritti riconosciuti dalla legge, mentre l'altro genitore non ha alcun ruolo giuridico. E questi ostacoli ci sono sebbene nessuna ricerca abbia mostrato che i figli adottati da persone lesbiche o gay siano meno ben adattati di coloro che sono allevati all'interno di relazioni eterosessuali.

Con l'invecchiamento della popolazione, il diniego del riconoscimento legale del matrimonio civile ha delle conseguenze spiacevoli per sempre più adulti anziani impegnati in relazioni omosessuali, che affrontano i problemi sanitari e finanziari dovuti all'età. Escludere questi adulti dalla protezione che il matrimonio civile offre in termini di diritti al coniuge superstite e di eredità, benefici finanziari e riconoscimento legale come coppia all'interno delle organizzazioni sanitarie accresce il peso psicologico dell'invecchiamento.

L'Associazione Psichiatrica Americana ha nel corso della sua storia sostenuto l'equità, la parità e la non discriminazione nelle questioni che hanno un'influenza sulla salute mentale. L'APA ha sostenuto inoltre le unioni civili tra persone del medesimo sesso ed il diritto delle coppie del medesimo sesso ad adottare ed ad allevare insieme i figli. Questo è perché l'APA ha un interesse di lunga data nei diritti civili e nelle questioni giuridiche che influenzano la salute mentale, nonché un codice deontologico che sostiene e rispetta la dignità umana. Educare il pubblico sui rapporti gay e lesbici e sostenere gli sforzi per stabilire il riconoscimento legale del matrimonio civile omosessuale è coerente con il sostegno che l'Associazione offre ai gruppi di minoranza.

Il matrimonio civile è associato con un unico insieme di benefici che forniscono protezione economica e legale agli adulti impegnati in una relazione ed ai loro figli. L'eguale accesso all'istituto del matrimonio civile è coerente con l'opposizione dell'APA alle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale.

Pertanto sia sancito che:

"Nell'interesse del mantenere e promuovere la salute mentale, l'Associazione Psichiatrica Americana sostiene il riconoscimento legale del matrimonio civile omosessuale con tutti i diritti, benefici e responsabilità conferiti al matrimonio civile, e si oppone alle restrizioni ai medesimi diritti, benefici e responsabilità".

(unquote)

Vi dispenso dal lungo elenco di documenti precedenti sul medesimo tema - trovate bibliografia e link nel PDF originale che vi ho tradotto.

Non c'è modo quindi di giustificare scientificamente opinioni omofobe; ho accennato prima alle opinioni di alcuni bigotti, e se mi permettete di sparare alla Croce Rossa, ve ne cito una, anche se risale al 2007.

Secondo la pagina 9 di questo documento, il Cardinale Ruini ha detto che:

(quote)

Nel pieno e doveroso rispetto per la dignità ed i diritti di ogni persona, va però osservato che una simile rivendicazione [il riconoscimento legale delle unioni di fatto tra persone del medesimo sesso, NdR] contrasta con fondamentali dati antropologici e in particolare con la non esistenza del bene della generazione dei figli, che è la ragione specifica del riconoscimento sociale del matrimonio.

(unquote)

Inoltre, sempre nella stessa pagina, è scritto:

(quote)

Il riconoscimento legale delle unioni omosessuali toglie poi "ogni rilevanza alla mascolinità e alla femminilità della persona umana", con un deprezzamento della corporeità in conseguenza del quale l'uomo, "volendo emanciparsi dal suo corpo ... finisce per distruggere se stesso".

(unquote)

Esaminiamo la prima citazione, confrontandola con la presa di posizione dell'APA che vi ho tradotto.

Il Cardinal Ruini, a nome della Chiesa cattolica, mostra di ritenere che il matrimonio debba essere riconosciuto socialmente soltanto per i benefici che porta alla società; mentre l'APA sostiene che il riconoscimento sociale apporta notevoli benefici anche ai coniugi ed alla prole, e per questo tutte le coppie debbono poterlo ricevere.

Se solo questo fosse il dissenso, un dissenso tra un orientamento individualista ed uno collettivista, sarebbe un dissenso radicale ma non conflittuale, in quanto è evidente che il matrimonio civile beneficia sia gli interessati che la società - una differenza di accento, insomma.

Ma quando il Cardinal Ruini allude a "fondamentali dati antropologici", lui si fa portatore di una concezione della natura umana, e delle esigenze delle persone, che è in conflitto con quella che l'APA esprime a nome della migliore scienza psicologica e medica attualmente disponibile.

L'APA si guarda bene dall'entrare in conflitto con le comunità religiose scrutando i loro dogmi al microscopio, ma il Cardinal Ruini, proponendo al legislatore italiano di fare propria la sua visione, scatena lui il conflitto imponendogli di scegliere tra la fede e la scienza.

Non credo che sia necessario dirvi la mia scelta, e che credo sia quella che dovrebbe far propria uno stato laico.

Nella seconda citazione Ruini (o colui che cita a sua volta, alias B16) fa molta confusione. Vediamo di chiarirla cominciando da queste definizioni:

- Sesso cromosomico: l'assetto dei cromosomi sessuali;

- Sesso anatomico: l'avere un apparato riproduttivo maschile o femminile (non sempre il sesso anatomico e quello cromosomico coincidono);

- Genere: rappresentazione psicologica che una persona si fa della mascolinità e della femminilità; come in molti costrutti psicologici, l'educazione e la cultura hanno una parte non inferiore a quella del dato anatomico;

- Ruolo di genere: l'insieme dei comportamenti ritenuti consoni al genere maschile o femminile;

- Ruolo sessuale: l'insieme dei comportamenti che ognuno dei due generi mette in atto ai fini del corteggiamento, della costruzione della coppia, del rapporto sessuale, dell'eventuale riproduzione ed accudimento della prole;

- Identità di genere: ritenersi appartenenti al genere maschile o femminile;

- Disturbo dell'identità di genere: non coincidenza tra l'identità di genere ed il sesso anatomico;

- Orientamento sessuale: sentirsi attratti verso persone di un sesso, dell'altro o di entrambi; esso è indipendente dall'identità di genere.

In tutte le persone occorre mantenere distinti questi concetti, ed il perché lo si capisce se si pensa che (mi scuso per la brutalità) ci sono meno differenze tra gli organi sessuali delle persone di quante ce ne siano nelle loro concezioni del genere maschile o femminile.

Non esistono quasi persone che, compiuti i diciotto mesi di vita, ignorino le differenze di genere e di sesso e la loro importanza - le poche che le negano ricevono una diagnosi psichiatrica abbastanza infausta, e non val la pena discuterne qui.

Se Ruini e B16 temono che il riconoscimento legale delle unioni omosessuali faccia perdere coscienza di queste differenze, possono tranquillizzarsi: è come temere che una persona possa dimenticarsi di respirare!

Oltretutto, contrariamente a quello che molti pensano, i gay hanno un'identità di genere maschile e le lesbiche un'identità di genere femminile; chi invece ha un'identità di genere contrastante con il proprio sesso anatomico non viene ritenuto omosessuale, ma transessuale.

Gli autori del libro accolgono pienamente il discorso medico, per il quale il transessualismo è una patologia, da chiamarsi ora "disturbo di identità di genere", la cui cura estrema (allineare chirurgicamente il proprio sesso alla propria identità di genere) non è concepita dal legislatore e dall'establishment medico come una facoltà ma come una terapia per pochi scelti casi.

Le persone transessuali contestano questa patologizzazione, e vorrebbero che la rettificazione del sesso fosse ottenibile con la stessa facilità della plastica al naso, ma non contestano il nocciolo del mio discorso: un'identità di genere in conflitto aperto con il proprio sesso anatomico qualifica una persona come trans e non come omo.

Non sono gli omosessuali, la loro presenza, ed i riconoscimenti sociali alla loro condizione ad indebolire le identità di genere, così come non le ha indebolite l'ingresso delle donne del mondo del lavoro e la concessione del diritto di voto; e non sono certo i gay e le lesbiche ad ignorare quanto sia importante la corporeità.

Quasi tutte le persone che hanno questi timori (e temo sia anche il caso di Ruini e B16) vorrebbero vivere in un mondo ideale in cui genere, sesso ed orientamento sessuale sono legati molto più strettamente di quanto non accada in realtà, ed in cui le persone vivano i loro ruoli sociali in modo molto più stereotipico. Per nostra fortuna, non è così.

Tra parentesi, il libro che ho citato dedica un lungo e feroce capitolo contro i terapeuti che si propongono di cambiare l'orientamento sessuale delle persone. La cosa più gentile che viene scritta è che le teorie di questi terapeuti sono contraddittorie; meno gentile è insistere sul fatto che nessuna ricerca seria ha confermato l'efficacia delle terapie proposte; micidiale è dire che queste terapie violano i codici deontologici che impongono di non nuocere al paziente anche se è lui a chiederlo :-)

Cocktail d'amore

Gruppo Soggettività Lesbica
Libera Università delle Donne - Milano
Cocktail d'amore
700 e più modi di essere lesbica
Roma DeriveApprodi 2005
 
 
Il libro nasce dall'elaborazione di oltre 700 questionari compilati nel 2001 da altrettante donne lesbiche italiane, ed illustra molto bene la loro vita, non solo con le cifre, ma anche con le loro testimonianze.
 
Dovendo stabilire quali parti del libro sono più importanti, sarei tentato di raggrupparle in due filoni: quello dei rapporti sociali e quello dei rapporti amorosi.
 
I capitoli sui rapporti sociali sono estremamente utili anche per chi non è né lesbica né donna, per capire quali timori hanno e quali discriminazioni subiscono, e per fare la propria parte per creare una società accogliente.
 
Quelli sui rapporti amorosi sono utili soprattutto alle dirette interessate; non essendo tra loro, sono stato attirato soprattutto da due temi: la "morte del letto" e la maternità.
 
Il libro riferisce un'ipotesi nata in America: la "morte del letto" sarebbe l'estrema conseguenza della maggiore "fusionalità" delle donne quando si mettono in coppia - fusionalità che offre alle lesbiche rapporti sessuali qualitativamente incomparabili con quelli eterosessuali, ma che finirebbe con l'abolire la distanza necessaria ad alimentare il desiderio.
 
Non posso esprimere un'opinione personale sul tema specifico (ed il libro rassicura le lettrici che i rimedi esistono); posso solo dire che questa "fusionalità" mi appare evidente anche fuori dal letto - c'è molto più stretta unione in una coppia lesbica che nelle coppie in cui almeno uno dei due è un maschietto.
 
Per quanto riguarda la maternità, penso sia utile commentare la spesso citata "ipotesi Dall'Orto", secondo cui "trovano irresistibile l'idea di avere un bambino quelle persone che con la loro omosessualità non sono venute a patti".
 
L'ipotesi, che sembrerebbe confermata da un'indagine svolta a Bologna, non significa che soltanto gli/le omosessual* insicur* della loro omosessualità vorrebbero diventare genitori, ma che costoro sono in mezzo agli/alle altr* perfettamente content* del loro orientamento, e che genitori lo vogliono diventare, pur con qualche dubbio in più.
 
In ogni caso, il libro riporta molte toccanti testimonianze in proposito, che mostrano quanto ingiusta è la legge italiana sulla fecondazione assistita, che mette molte donne (non necessariamente lesbiche o libere di stato) in situazioni molto spiacevoli e potenzialmente umilianti.
 
E per fortuna che ora non accade praticamente più quello che accadeva un tempo, cioè che in caso di divorzio, il giudice privava della custodia dei figli la madre lesbica solo perchè lesbica!
 
In conclusione, è un libro molto interessante ed istruttivo per tutti.