giovedì 24 dicembre 2009

Ebrei revocabili ed irrevocabili

[1] http://www.jpost.com/servlet/Satellite?apage=1&cid=1261364487790&pagename=JPost/JPArticle/ShowFull

Nell'articolo [1] si legge che rav Shimon Ya'acobi, consulente legale dell'Amministrazione dei Tribunali Rabbinici israeliani, ricevette dall'ex-Procuratore Generale Menachem Mazuz la richiesta di un parere legale sull'annullamento della conversione all'ebraismo di una donna danese che, volendo divorziare dal marito, non aveva trovato argomento migliore del fatto che lei non aveva mai osservato il Sabato in famiglia, né si era astenuta dai rapporti sessuali col marito nei giorni prescritti dalla legge religiosa ebraica.

Il tribunale rabbinico ritenne questo comportamento dimostrazione d'insincerità della donna che voleva convertirsi, e ne annullò la conversione ex tunc, col risultato che, poiché la legge ebraica non ammette matrimoni tra ebrei e non ebrei, anche il suo matrimonio risultava nullo; conseguenza più allarmante fu che i tre figli che aveva avuto la coppia perdevano la loro ebraicità (che nell'ebraismo ortodosso si eredita dalla madre o si acquisisce per conversione) perché secondo il tribunale la madre non era mai stata ebrea, e non poteva rendere ebrei loro.

Non sono un conoscitore della legge ebraica, e devo ragionare per ipotesi e deduzioni. Se non c'è un limite oltre il quale non è più possibile impugnare la conversione all'ebraismo di una persona, e l'annullamento della conversione è efficace anche verso i terzi in buona fede (come i figli e discendenti di una convertita), si può creare un'orribile situazione in cui coloro i quali hanno ricostruito la loro genealogia fino al punto di scoprire chi delle loro antenate entrò nel "Patto di Abramo", e trasmise l'ebraicità al suo lignaggio, divengono vittime della loro stessa diligenza, perché qualora si scoprissero episodi poco edificanti nella vita di quest'antenata, e la sua conversione fosse perciò annullata, tutti i suoi discendenti smetterebbero di essere ebrei.

Se il parere legale di rav Shimon Ya'acobi viene confermato come corrispondente alla legge ebraica, la conseguenza sarà il dividere gli ebrei in due categorie: quelli ad "ebraicità revocabile", già descritti, e coloro delle cui antenate si sa soltanto che erano tutte considerate ebree figlie di ebrea, perché della prima di loro, colei che si convertì, si è ormai perso il ricordo. Questi li possiamo considerare ad "ebraicità irrevocabile".

Nell'Unione Europea o negli Stati Uniti, dove è vietato discriminare nella vita civile le persone sulla base dell'appartenenza religiosa, la revocabilità o meno dell'ebraicità di una persona non farebbe gran danno.

Certo, una donna ebrea ortodossa ad "ebraicità irrevocabile" vedrà il suo "valore matrimoniale" crescere notevolmente rispetto alle sue compagne ad "ebraicità revocabile", perché garantisce che anche i suoi figli saranno ad "ebraicità irrevocabile" - ma questo è un problema che lo stato non può risolvere.

Invece in Israele esistono discriminazioni sulla base dell'appartenenza religiosa, e vi descrivo uno degli esempi che mi è venuto in mente del danno che il parere di rav Ya'acobi può provocare.

Supponiamo che un ebreo israeliano chieda un prestito ad una banca; la banca si troverà allora costretta a compiere un'indagine genealogica (il cui costo si aggiungerà alle spese di istruttoria), volta a scoprire se l'ebraicità del cliente è "revocabile" od "irrevocabile".

Se infatti il cliente fosse ad "ebraicità revocabile", ed essa venisse appunto revocata, egli potrebbe perdere con essa la cittadinanza israeliana (perché la maggior parte degli israeliani ha ottenuto la cittadinanza in conseguenza della loro ebraicità), verrebbe espulso dal paese, e sarebbe molto difficile per lui ripagare il debito.

Questa remota eventualità per la banca costituisce un rischio supplementare, che la indurrà o ad aumentare il tasso d'interesse, oppure ad esigere garanzie (come un'ipoteca od una fideiussione) che da un cliente ad "ebraicità irrevocabile" non esigerebbe.

Questo sarebbe l'inizio delle discriminazioni economiche a danno delle persone ad "ebraicità revocabile". Ed anche dell'astio che le persone ad "ebraicità irrevocabile" proveranno per loro.

Infatti, la notevole mobilità che hanno sempre avuto gli ebrei (in cerca di nuove opportunità od in fuga dalle persecuzioni) può imporre a chi compie un'indagine genealogica su uno di loro di esaminare documenti vecchi anche di dieci secoli sparsi negli archivi di cinque continenti.

Quanto debba essere accurata una simile indagine ce lo lascia capire un personaggio del libro "La mano di Fatima" dell'avvocato catalano Ildefonso Falcones: Don Juliàn di giorno è canonico della cattedrale di Cordova, di notte un morisco arabista che insegna ad Hernando, il protagonista del romanzo, al-lu5a al-3arabiyya al-fus7a - l'arabo classico.

Don Juliàn spiega ad Hernando (ed ai lettori) che questo gli era stato possibile perché quando lui era giovane le indagini sulla limpieza de sangre di un candidato al sacerdozio riempivano un fascicolo di sole 30 pagine; ma ora (fine del '500) le indagini riempiono faldoni di 150 pagine, ed un nuovo cristiano che volesse provarci ad entrare nel clero verrebbe smascherato da un'indagine tanto accurata.

Un'indagine simile impone spese notevoli che anche chi è ad "ebraicità irrevocabile" dovrà sostenere per distinguersi dalle persone ad "ebraicità revocabile"; ed i primi potrebbero concludere che la cosa giusta da fare sarebbe incaricare l'Agenzia Ebraica di procedere alla digitalizzazione completa di tutti gli archivi genealogici pertinenti, in modo da stabilire una volta per tutte, e scrivere magari sulla carta d'identità, la revocabilità o meno dell'ebraicità di tutti gli israeliani.

Altra seria discriminazione nascerebbe dal fatto che chi vuole assumere una persona a tempo indeterminato oppure cerca un socio per un'impresa commerciale, preferisce una persona che non rischia di essere espulsa dal paese, e quindi preferirà una persona ad "ebraicità irrevocabile".

E se una persona ad "ebraicità revocabile" chiedesse l'assegnazione di un immobile del KaKaL (Fondo Perpetuo per Israele), che è proprietario del 13,5% degli immobili israeliani, e per statuto può concederne l'uso solo agli ebrei, i funzionari responsabili del concorso cercheranno tutti i pretesti per metterla in fondo alla graduatoria, in modo da non correre il rischio di doverla sfrattare qualora l'ebraicità di costei venga revocata.

Anche se costei non perdesse la cittadinanza israeliana (per esempio, perché suo padre è persona ad "ebraicità irrevocabile"), non potrebbe più comunque continuare a vivere in un immobile del KaKaL, e l'esperienza insegna che chi è costretto a vendere entro termine perentorio i suoi diritti su un immobile (come capitò durante le persecuzioni antiebraiche dell'Italia fascista e della Germania nazista, e prima ancora ai marranos ed ai moriscos in via di espulsione dalla Spagna) fa magrissimi affari.

Sarebbe una delle più crudeli ironie della storia scoprire che il paese che è nato per impedire che gli ebrei si trovassero nella scomoda e pericolosa condizione di cittadini di seconda classe si troverà ad istituire una discriminazione simile a quella che vigeva in Spagna tra i "vecchi" ed i "nuovi" cristiani.

Inoltre, questo parere legale è pericoloso anche per chi vive nella Diaspora. Qualche tempo fa il custode dei libri della Società Letteraria di Verona diede fuoco al deposito della biblioteca perché non si scoprisse che lui aveva sottratto molti volumi - per fortuna il deposito era nella zona industriale, e non nella sede della società, dirimpetto all'Arena.

Orbene, se la distinzione tra persone ad "ebraicità revocabile" ed "irrevocabile" si basa sui dati degli archivi delle comunità ebraiche, potrebbe nascere la figura del "manipolatore di archivi" che dovrà sostituire i documenti che potrebbero decretare la "revocabilità" dell'ebraicità di qualche stimato membro della comunità con delle panzane - prima che venga compiuta un'indagine genealogica.

Ma se la manipolazione da compiere fosse troppo estesa, e fossero molti i membri (insieme con i loro figli, nipoti e pronipoti, magari già in Israele e quindi "ostaggi" del Gran Rabbinato) con tutto l'interesse a che non si scopra mai che la loro ebraicità è in realtà "revocabile", che rischi correrebbero l'archivio e l'edificio che lo ospita - e le persone che ci lavorano o vivono?

Si dice che chi ignora il passato è condannato a ripeterlo. Chissà che cosa conosce del passato rav Shimon Ya'acov.

domenica 6 dicembre 2009

Alfredo Niceforo e Sergei Nilus

Sergei Nilus è stato un grande della spiritualità russa ortodossa a cavallo tra il 19° ed il 20° secolo, ma i suoi stessi ammiratori devono ohiloro ammettere che fu anche uno dei promotori di quel mostruoso falso antisemita chiamato "I Protocolli dei Savi Anziani di Sion".

Questi Protocolli continuano ad avere una grande popolarità nel mondo arabo, c'è qualche sostenitore della causa palestinese che li adopera, ed altri sostenitori che minimizzano questo fatto, sostenendo che questa è un'inezia a confronto delle autentiche sofferenze dei palestinesi.

Ora, per quanto io empatizzi con le sofferenze dei palestinesi, non posso passar sopra ai Protocolli, e mi auguro che almeno i sardi che leggono questo post si rendano conto del perché mettendo a confronto il modo in cui i Protocolli diffamano gli ebrei con il modo in cui Alfredo Niceforo diffamava i sardi.

Il sito web "Quindici OnLine", un giornale online di Molfetta, ha fatto a fettine Niceforo in questa serie di articoli intitolata "Alfredo Niceforo. La teoria delle due civiltà ed il federalismo razziale" che vi invito a leggere:

[1] http://www.quindici-molfetta.it/News.aspx?Id_News=16895

[2] http://www.quindici-molfetta.it/News.aspx?Id_News=16896

[3] http://www.quindici-molfetta.it/News.aspx?Id_News=16898

Ci sono molte differenze tra il razzismo di Niceforo ed il cospirazionismo dei Protocolli, ma penso che qualsiasi sardo od italiano del sud giustamente indignato col Niceforo, e pertanto ben deciso a non prendere nemmeno il caffé con chi mostra di condividerne le teorie, possa ben capire l'indignazione degli ebrei con chi mostra di credere alla veridicità dei Protocolli.

L'antisemitismo ha le sue peculiarità, ma non è così diverso dalle altre forme di razzismo da essere incomprensibile da chi non è ebreo - ed anche chi non è ebreo può trovarsi vittima di situazioni simil-antisemite.

E, guarda caso, il Niceforo e gli autori dei Protocolli concordano in una cosa: le popolazioni a cui dedicano le loro invettive vengono considerate indegne dei diritti e delle libertà del cittadino, e pericolose per il resto del paese o del mondo.